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Gli impianti antincendio a gas: principi di funzionamento

impianti antincendio a gas

Nell’ambito delle tipologie di impianti a disposizione oggi, gli impianti antincendio a gas (ad estinguente gassoso) sono da preferire all’impianto ad acqua (sprinkler), o ad altri sistemi, nel caso in cui gli ambienti protetti custodiscano impianti elettrici o impianti di memorizzazione ed elaborazione dati elettronici (sale server), nonché biblioteche, archivi storici e depositi con oggetti di valore.

Il principio di funzionamento di base degli impianti antincendio a gas si basa sulla saturazione del volume dell’ambiente colpito dall’incendio.

Esistono diversi tipi di estinguente gassoso:

  • Gas inerti: IG01, IG100, IG55 e IG541
  • Gas chimici: 3M Novec 1230 e HFC

Cosa sono i gas inerti

Gli inerti sono gas non tossici, che non sono in grado di dare origine a reazioni chimiche con nessun altro elemento chimico. Pertanto, sono estremamente stabili.

I gas inerti più comuni sono l’azoto e i gas rari, come l’elio, l’argon, il neon, lo xeno e il krypton.

Le tipologie di gas che si usano oggi per gli impianti antincendio a gas sono varie: tra i più usati l’argon, l’azoto, il CO2.

C02 a parte, gli altri gas non sono tossici (cioè non provocano “intossicazione” o “avvelenamento”) in quanto, non potendo reagire chimicamente, se inalati non causano danni da reazione chimica agli organi con cui vengono a contatto.

Di conseguenza, inalare piccole quantità, ad esempio, di argon, non produce alcun effetto negativo sull’organismo.

Il sistema di funzionamento degli impianti antincendio a gas

Proprio per la loro proprietà di sostituirsi completamente all’ossigeno in ambienti chiusi, i gas inerti vengono diffusamente impiegati negli impianti di spegnimento automatico, in quei locali in cui non si possono usare impianti a pioggia automatica di acqua (“sprinkler”).

La mancanza di ossigeno, sostituito integralmente e istantaneamente dal gas, interrompe immediatamente la combustione, togliendo il comburente (l’ossigeno appunto) necessario alla combustione stessa, ma senza danneggiare gli impianti.

In tali locali, il gas è stoccato nelle bombole ad alta pressione dotati di elettrovalvola che consente la fuoriuscita del gas solo a seguito della ricezione di un impulso elettrico.

Tale impulso viene attivato in automatico da una centrale di spegnimento che aziona la scarica dopo aver ricevuto il segnale di allarme da almeno due sensore di fumo e/o calore, che rilevano il principio di incendio.

Questa centralina antincendio elettronica, opportunamente programmata, azionerà anche tutte le segnalazioni di allarme per avvertire gli occupanti dello stabile e permettere un’evacuazione sicura e veloce.

L’incidente all’Archivio di Stato di Arezzo

I rischi legati all’uso di questo tipo di impianti, qualora venissero mantenuti/gestiti con imperizia, deriva dal fatto che il gas inerte, se iniettato ad alta pressione in un ambiente senza o con poca ventilazione, si sostituisce completamente all’ossigeno presente nell’ambiente.

A causa di ciò, chi dovesse essere presente in quel momento in quell’ambiente, non respira più ossigeno e muore per asfissia.

 Il 20 settembre 2018 due impiegati dell’Archivio di Stato di Arezzo, Piero Bruni e Filippo Bagni, morirono a causa dello sprigionamento del gas argon dall’impianto antincendio della struttura.

I due impiegati, quella mattina, erano da poco entrati al lavoro, quando si accorsero che la spia dell’impianto antincendio era accesa.

I testimoni raccontano che Bruni e Bagni sentirono anche il rumore tipico di una fuoriuscita di gas. Così scesero nel seminterrato per verificare cosa fosse successo, ma la zona era già priva di ossigeno a causa dell’azione dell’argon, e purtroppo i due morirono asfissiati in pochi minuti.

Al momento (2021), dopo tre anni di indagini ed una maxiperizia, è in corso il processo penale per undici imputati, tra i quali anche gli incaricati delle ditte di manutenzione che si sono alternate nella cura dell’impianto antincendio a gas.

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L’importanza della corretta installazione degli impianti

Numerose associazioni di settore, come l’italiana ASSOGASTECNICI o la belga EIGA, hanno da tempo denunciato la pericolosità dell’uso dei gas inerti, se non si osservano in maniera stringente le innumerevoli misure di sicurezza raccomandate.

I gas inerti sono diffusamente utilizzati per evitare che si inneschino reazioni chimiche indesiderate.

Pertanto, i loro campi di applicazione sono numerosi ed eterogenei: dalla criogenia alle insegne dei negozi, dall’uso in acciaieria alla fabbricazione di semiconduttori, in laboratori di ricerca e come anestetico in chirurgia. E naturalmente, negli impianti antincendio.

Proprio per questa varietà di utilizzo, e, nonostante l’esistenza di un’infinità di regole e norme di sicurezza, il numero di incidenti dovuti ad atmosfere prive di ossigeno è impressionante, sia presso le aziende produttrici di gas che presso gli utilizzatori.

Ricordiamo che la posa in opera, l’installazione e la manutenzione periodica di un impianto antincendio a gas deve essere sempre affidata a professionisti certificati di lunga esperienza.

FIAMMA consiglia sempre di installare impianti per la sicurezza aggiuntiva, come ad esempio l’impianto di monitoraggio dell’ossigeno e impianti di lavaggio del locale protetto e del locale ove stoccate le bombole.

Gli impianti antincendio con fluido estinguente 3M Novec 1230

Il fluido 3M NoveC 1230 è un agente estinguente sviluppato come alternativa a gas inerti, Halon 1301 e idrofluorocarburi (HFC), un agente chimico di nuova generazione, formulato per:

  • Migliorare l’effetto estinguente
  • Ridurre l’impatto nocivo sull’ambiente
  • Migliorare la sicurezza per le persone.

Quando si parla di fluido 3M Novec 1230, la caratteristica più importante da evidenziare è quella della NON sottrazione di ossigeno durante la scarica.

Questo gas non ha, infatti, lo scopo di sostituire l’ossigeno all’interno del locale, ma la sua molecola è fisicamente attratta dal calore della fiamma. Questo permette agli occupanti di non avere conseguenze in caso di scarica accidentale del prodotto nel locale protetto. Questa particolarità rende sicura la sua applicazione in luoghi ove gli occupanti potrebbero non defluire velocemente: ad esempio depositi e archivi delle RSA, CED in cui lavorano operatori con le cuffie che potrebbero udire troppo tardi la segnalazione di allarme o addirittura archivi e biblioteche storici frequentati da persone che non conoscono bene la struttura.

Un prodotto sicuro e a basso impatto ambientale

Grazie alla speciale struttura molecolare, che non contiene né bromo né cloro, il fluido Novec 1230 ha un potenziale nullo di riduzione dell’ozono.

Grazie a questo, non ha effetti distruttivi sulla fascia di ozono stratosferico.

Inoltre – essendo un chetone – il suo contributo potenziale al Riscaldamento Globale è il più basso tra tutti gli agenti chimici e non è più alto di quello della CO2.

Il fluido Novec 1230 ha proprietà simili a quelle di molti sostituti dell’halon di prima generazione (HFC) con una differenza fondamentale: a temperatura ambiente questo composto si presenta in forma liquida.

Con un punto di ebollizione di 49,2°C, il fluido esibisce una pressione di vapore nettamente inferiore a quella degli altri clean agent presenti in forma gassosa a temperatura ambiente.

Grazie a un calore di vaporizzazione molto basso, all’incirca 25 volte inferiore a quello dell’acqua, e all’elevata pressione di vapore, il fluido Novec 1230 evapora a una velocità oltre 50 volte superiore a quella dell’acqua: una caratteristica che consente all’agente di passare dalla fase liquida a quella gassosa molto rapidamente durante la scarica all’ugello.

All’interno di un sistema adeguatamente progettato, il fluido Novec 1230 vaporizza rapidamente e si distribuisce in maniera uniforme nello spazio protetto.

Il Fluido Novec 1230 costituisce quindi una evoluzione di prodotto ed una nuova classe di agenti chimici puliti.

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